Negli spazi di Habitat Ottantatre, coerentemente con la diciassettesima Giornata del Contemporaneo, l’associazione In Habitat, dall’11 dicembre 2021 fino al 14 febbraio 2022, propone la duplice mostra dal titolo Tracce visibili e invisibili sul tema della Performing art.
L’esposizione è strutturata in due parti: una più storicizzata, costituita principalmente da poster storici, fotografie, documentazioni e tracce di azioni performative dagli anni ’70 fino al 2015. L’altra, invece, per quanto fortemente collegata alla precedente, anche per una questione spaziale-allestitiva, analizza tramite installazioni fotografiche e video, pratiche che stimolano l’aspetto delle relazioni umane in un contesto sociale.
Il percorso espositivo della prima parte di mostra, tracce visibili, è dislocato sia tra gli spazi lavorativi del coworking che nella sala espositiva. Il ragionamento sul tema della Performing art è in questo caso affidato alle tracce e alle documentazioni che ci rimangono di queste azioni.
Il tratto comune che caratterizza l’arte performativa, consiste nel porre come focus estetico la presenza fisica dell’artista e del suo pubblico, rinunciando intenzionalmente a ogni altro strumento di intermediazione tra autore e fruitore. Questa forza si origina dalla presenza fisica e mentale di pubblico e artisti insieme, in uno spazio e in un tempo comuni.
In questo caso si è deciso di parlare di performance in senso storicizzato, quindi tramite le tracce che ci vengono lasciate, per poi diventare oggetti e prodotti, talvolta anche inseriti nel mercato dell’arte.
Nel percorso espositivo sono presenti lavori fotografici di Giuseppe Chiari, Peter Moore, Michele Zaza, Ulay, Ulla von Brandenburg, Giovanni Morbin e John Cage. Troviamo poi una combustione di fiammiferi su cartone di Bernard Aubertin e una tela colorata per combustione di fumogeni di Armando Marrocco. Sono presenti inoltre poster storici di mostre, da Ulay a Marina Abramovic, da Joseph Beuys a Piero Manzoni. Le opere in mostra sono prestiti provenienti da collezioni private, nello specifico i collezionisti Alberto Geremia e Simone Carcereri e l’Associazione AGIVERONA.
Negli spazi di Habitat Ottantatre, coerentemente con la diciassettesima Giornata del Contemporaneo, l’associazione In Habitat, dall’11 dicembre 2021 fino al 14 febbraio 2022, propone la duplice mostra dal titolo Tracce visibili e invisibili sul tema della Performing art.
L’esposizione è strutturata in due parti: una più storicizzata, costituita principalmente da poster storici, fotografie, documentazioni e tracce di azioni performative dagli anni ’70 fino al 2015. L’altra, invece, per quanto fortemente collegata alla precedente, anche per una questione spaziale-allestitiva, analizza tramite installazioni fotografiche e video, pratiche che stimolano l’aspetto delle relazioni umane in un contesto sociale.
Il percorso espositivo della prima parte di mostra, tracce visibili, è dislocato sia tra gli spazi lavorativi del coworking che nella sala espositiva. Il ragionamento sul tema della Performing art è in questo caso affidato alle tracce e alle documentazioni che ci rimangono di queste azioni.
Il tratto comune che caratterizza l’arte performativa, consiste nel porre come focus estetico la presenza fisica dell’artista e del suo pubblico, rinunciando intenzionalmente a ogni altro strumento di intermediazione tra autore e fruitore. Questa forza si origina dalla presenza fisica e mentale di pubblico e artisti insieme, in uno spazio e in un tempo comuni.
In questo caso si è deciso di parlare di performance in senso storicizzato, quindi tramite le tracce che ci vengono lasciate, per poi diventare oggetti e prodotti, talvolta anche inseriti nel mercato dell’arte.
Nel percorso espositivo sono presenti lavori fotografici di Giuseppe Chiari, Peter Moore, Michele Zaza, Ulay, Ulla von Brandenburg, Giovanni Morbin e John Cage. Troviamo poi una combustione di fiammiferi su cartone di Bernard Aubertin e una tela colorata per combustione di fumogeni di Armando Marrocco. Sono presenti inoltre poster storici di mostre, da Ulay a Marina Abramovic, da Joseph Beuys a Piero Manzoni. Le opere in mostra sono prestiti provenienti da collezioni private, nello specifico i collezionisti Alberto Geremia e Simone Carcereri e l’Associazione AGIVERONA.